28 ottobre
Leggiamo …
Da La miglior vita ecco un brano di memoria della fanciullezza di FULVIO TOMIZZA …
Ricordi adolescenziali di un uomo che vede da adulto le vicende con occhio diverso e che nella ricostruzione del passato sa distinguere tra esagerazioni infantili e razionali interpretazioni degli avvenimenti. Tomizza scrive molto spesso di fatti autobiografici e sempre emerge la memoria di una terra tanto amata e che diventa mitica proprio perché l’ha perduta in maniera traumatica.
Da La miglior vita
La mano mi trema come in quel lontano mattino di Pasqua, quando mio padre occupato con le due messe e la benedizione delle uova mandò me, sui dodici anni, a versare l’acqua santa nei quattro contorni della parrocchia per preservarla dalla grandine estiva. Nella boccia dell’acqua, battezzata il giorno avanti nella tinozza ai piedi del fonte, aveva aggiunto una lacrima del cero pasquale, un pezzetto d’ostia rimasta pane in sagrestia, un filo d’oro strappato al piviale uno d’argento caduto dalla pianeta (1). Continuavo a tramare mentre lui in calzoni e con i mustacchi gialli riconsacrava, e per me profanava, l’acqua con la quale ci si segna in fronte. Tra la messa bassa per le donne e quella cantata per gli uomini e per le donne che non cucinano, eravamo noi due soli nel ripostiglio della chiesa che era sempre parte della chiesa. Egli mi appariva nervoso e, distratto che fui da un suono sulla strada, mi sgridò, rivelandomi che ai sagrestani era permesso parlare a voce piena in chiesa; ma mi fece anche capire che il parroco lo avrebbe disapprovato, forse licenziato, perché a lui soltanto era consentito di arrestare le tempeste. Oltre alla terra della chiesa mio padre lavorava una nostra vigna tutta di uva nera per non doverci rimettere lui nel caso fosse mancato il vino per le messe; sapeva però che se l’estate fosse passata senza grandine, per San Martino (aveva voluto darmi questo nome augurale) avrebbe avuto la brenta (2) colma. Ora si spazientiva nel maneggio proibito perché si rendeva conto d’imbrogliare e in chiesa, non per il timore della profanazione che a me serrava la gola; il suo frequente sbirciare verso la porta socchiusa altro non era che il cautelarsi da un’improvvisa comparsa del parroco.
Note
- Piviale e pianeta sono due indumenti sacri indossati dal sacerdote durante le funzioni sacre.
- Recipiente per trasportare soprattutto vino della capacità di 75 litri.
Biografia …
Il 28 OTTOBRE 1967 FULVIO TOMIZZA pubblica “Trilogia istriana”, racconti sulla sua amata terra …
Fulvio Tomizza nasce a Giurizzani, un paesino dell’Istria, allora italiana, il 26 gennaio 1935 e con la famiglia si deve trasferire a Trieste. Finiti gli studi liceali, comincia a occuparsi di teatro e dopo qualche anno inizia la sua produzione letteraria, molto legata alla sua terra d’origine. Molto importante è la data 28 ottobre 1967, quando pubblica Trilogia istriana, che comprende i tre primi suoi romanzi, nei quali egli esalta, con toni epici, la vita dei contadini, che con sforzi immani e grande pazienza hanno creato una civiltà ricca di valori umani. Una seconda Trilogia racconta drammi di profughi istriani sradicati dalla loro terra e del loro difficile ambientamento in una nuova realtà. Importanti sono i riconoscimenti delle opere di Tomizza: L’albero dei sogni (1969) vince il Premio Viareggio e La miglior vita (1977) ottiene il Premio Strega. I romanzi di Tomizza sono coinvolgenti, perché quasi sempre fanno riferimento a vicende vissute o ambientate in luoghi da lui amati e descritti con profonda nostalgia e rimpianto. Egli muore a Trieste il 21 maggio 1999.
Scopriamo la lingua …
PROVERBIO
A chi batte forte, si aprono le porte: Bisogna insistere per trovare ascolto.
MODO DI DIRE
Prendere per il bavero: Prendere in giro qualcuno.
Ma in realtà gli uccelli mangiano molto e spessissimo. Il colibrì, ad esempio, mangia 18 volte il suo peso!
NEOLOGISMO
abito-scultura: abito particolarmente ricco tale da essere paragonato a una scultura.