9 giugno

Leggiamo …

Dal famoso romanzo “La pelle” del “maledetto toscano” CURZIO MALAPARTE ecco un brano significativo …

La “peste” di cui si parla in questo brano non è la malattia del corpo ma la malattia dell’anima che colpisce la città di Napoli dal momento in cui arrivano i soldati degli eserciti alleati. Degradazione, perdita di dignità, violenza, perdita di pudore sono il prezzo cha città paga per cercare di sopravvivere. Del resto il titolo “La pelle” indica proprio il bisogno degli abitanti di salvare la vita anche a costo di mettere in gioco i valori umani più elementari. Malaparte disegna un quadro spaventoso del dopoguerra, ma non inveisce contro i napoletani, esprime solo un senso di pietà nei loro confronti, consapevole che qualsiasi altro gruppo umano costretto in quelle terribili condizioni avrebbe avuto gli stessi comportamenti.

Erano i giorni della “peste” d Napoli. Ogni pomeriggio alle cinque, dopo mezz’ora di punchig-ball e una doccia calda nella palestra della PBS, Peninsular Base Section, il Colonnello Jack Hamilton ed io scendevamo a piedi verso San Ferdinando, aprendoci il varco a gomitate nella folla che, dall’alba all’ora del coprifuoco, si accalcava tumultuando in Via Toledo. Eravamo puliti, lavati, ben nutriti, Jack ed io, in mezzo alla terribile folla napoletana squallida, sporca, affamata, vestita di stracci, che torme di soldati degli eserciti liberatori, composti di tutte le razze della terra, urtavano e ingiuriavano in tutte le lingue e in tutti i dialetti del mondo. L’onore di essere liberato per primo era toccato in sorte, fra tutti i popoli d’Europa, al popolo napoletano: e per festeggiare un così meritato premio, i miei poveri napoletani, dopo tre anni di fame, di epidemie, di feroci bombardamenti, avevano accettato di buona grazia, per carità di patria, l’agognata e invidiata gloria di recitare la parte di un popolo vinto, di cantare, batter le mani, saltare di gioia fra le rovine delle loro case, sventolare bandiere straniere, fino al giorno innanzi nemiche, e gettar dalle finestre fiori sui vincitori. Ma, nonostante l’universale e sincero entusiasmo, non v’era un solo napoletano in tutta Napoli che si sentisse un vinto. Non saprei dire come questo strano sentimento fosse nato nell’animo del popolo. Era fuori di dubbio che l’Italia, e perciò anche Napoli, aveva perduto la guerra. È certo assai più difficile perdere una guerra che vincerla. A vincere una guerra tutti son buoni, non tutti son capaci di perderla. Ma non basta perdere la guerra per avere il diritto di sentirsi un popolo vinto. Era questa, senza dubbio, una grave mancanza di tatto. Ma potevano gli alleati pretendere di liberare i popoli e di obbligarli al tempo stesso a sentirsi vinti? O liberi o vinti. Sarebbe ingiusto far colpa al popolo napoletano se non si sentiva né libero né vinto.

Scopriamo la lingua …

PROVERBIO
Chi semina raccoglie

MODO DI DIRE
Avere una gatta da pelare: Avere un grosso problema da risolvere.

Biografia …

Il 9 GIUGNO 1898 nasce CURZIO MALAPARTE, scrittore stravagante e sempre controcorrente …

Curzio Malaparte, pseudonimo di Kurt Erich Suckert, nasce a Prato, vicino a Firenze, il 9 giugno  1898, studia al Collegio Cicognini della sua città e partecipa volontario alla Prima Guerra Mondiale. Dopo la guerra inizia la sua attività giornalistica e di scrittore mostrandosi sempre polemico, aggressivo nei suoi giudizi e pronto ad esaltare se stesso e le sue iniziative. Si mostra mutevole nelle idee politiche perché da giovane aderisce al Partito Repubblicano, poi sostiene il Fascismo, ne diventa suo critico e nel secondo dopoguerra aderisce al Partito Comunista. Delle sue numerose opere narrative rimangono famose “Kaputt” (1944), “La pelle” (1949) e “Maledetti toscani” (1956). Egli muore a Roma il 19 luglio 1957. Malaparte è un personaggio “controcorrente” della cultura italiana, perché nel dibattito pone sempre se stesso al centro di tutto. Riceve un unanime giudizio di “narcisista” e di “egocentrico”, cioè persona che vede ruotare tutta la realtà intorno alla sua persona. È uno scrittore “eccentrico” perché usa un linguaggio forte che attira l’attenzione del lettore. Con  uno stile nervoso e dinamico racconta vicende con estremo realismo interpretate sempre dal suo punto di vista e quindi quasi sempre le sue opere hanno in carattere autobiografico.

VOCABOLARIO GENERALE
VOCABOLARIO CUCINA