6 aprile
Leggiamo …
Da “Myricae(1)” di GIOVANNI PASCOLI presentiamo un classico della sua vasta produzione, “Novembre” …
La poesia crea il contrasto tra l’illusione dell’estate e la realtà dell’autunno, ma anche tra la serenità della natura e il dolore per la ricorrenza dei defunti. Pascoli avverte queste contraddizioni e riflette sul senso doloroso dell’esistenza umana.
Gemmea l’aria(2), il sole così chiaro
che tu cerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l’odorino amaro
senti nel cuore(3)…
Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno(4).
Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini e orti,
di foglie un cader fragile(5). E’ l’estate,
fredda, dei morti(6).
Note
- Termine latino per tamerici, arbusto di poco valore, come le poesie semplici, legate agli oggetti quotidiani, umili e senza pretese
- è autunno, ma il sole è caldo e il cielo terso: chiudendo gli occhi si ha l’impressione di primavera, ma è solo illusione
- si cercano aspetti di primavera
- ma tutto indica che è autunno
- si sente il cader le foglie
- è solo l’estate di S. Martino, l’estate dei defunti, del dolore e della tristezza.
Scopriamo la lingua …
PROVERBIO
Meglio essere invidiati che compatiti
MODO DI DIRE
Sentirsi ribollire il sangue nelle vene: Essere molto arrabbiato.
Biografia …
Il 6 APRILE 1912 muore GIOVANNI PASCOLI, il grande e innovativo poeta romagnolo …
Giovanni Pascoli nasce a San Mauro di Romagna, vicino a Forlì, il 31 dicembre 1855 e vive una fanciullezza segnata dal dolore per la morte del padre, ucciso in circostanze oscure, e di altri familiari. Studia laureandosi e dedicandosi all’insegnamento prima in scuole superiori e poi in diverse Università. Alla fine arriva all’Università di Bologna, dove sostituisce nella docenza il suo maestro, Giosuè Carducci. Egli muore il 6 aprile 1912. La vita di Pascoli si presenta ricca di sofferenza per le drammatiche vicende familiari che lo portano a pensare che l’uomo ha il triste destino del dolore. Inoltre per l’ingiusta morte del padre si manifesta sempre in lui un bisogno di giustizia. Egli pensa che la realtà è un mistero insondabile e che soltanto la mentalità ingenua ed istintiva di un “fanciullino” può cogliere intuitivamente i messaggi della natura. La poesia intuitiva è insomma l’unico mezzo di conoscenza della realtà. Anche per tale motivo Pascoli sceglie la poetica delle piccole cose umili e in composizioni brevi, essenziali cerca un contatto diretto con la natura per capirne il mistero e l’essenza vitale. Questo tipo di poesia è molto presente nelle migliori raccolte (“Myricae” e “Canti di Castelvecchio”) nelle quali si avverte spesso la vertigine del poeta dinanzi al piccolo degli oggetti quotidiani e di fronte all’immensità dell’Universo.